Purgatorio e Inferno in Santa Veronica Giuliani

PURGATORIO E INFERNO
in santa Veronica Giuliani

Nel Diario di santa Veronica son riportate descrizioni davvero spaventose e tremende delle tristi realtà dell’Inferno e del Purgatorio. Son “tesori” veramente “nascosti”, che bisognerebbe mettere in luce, facendoli conoscere ai cristiani del mondo. La passione di santa Veronica per le anime da salvare e per quelle del Purgatorio da liberare traspare, pagina per pagina, insaziabile, indistinguibile. Quante volte ella stessa si pone alla porta dell’inferno per ostruirne l’entrata, e quante altre, invece, accetta il purgatorio in luogo delle anime colpevoli.

Peccatori da convertire ed anime del Purgatorio da liberare, risulta grande la passione di tutta la vita di santa Veronica, espressa in questo suo preciso impegno: “La penitenza, per tutti voi, la farò io” (Diario I, 757).
​Il 19 dicembre 1693, Sr. Veronica, dopo aver visto “l’inferno aperto” con quanto ha si spaventevole, così racconta: “Parevami allora di sentire urli e voci lamentevoli dei medesimi dannati. Io non vedevo altro che mostri d’inferno, serpenti in quantità, animali feroci in gran numero, puzzori d’inferno grandissimi, fiamme ardentissime, le quali erano cos’ grandi, che l’altezza delle fiamme era smisurata. Io non vi so dare altro paragone che la distanza tra il Cielo e la terra. In quanto alla grandezza del sito, non si vedeva né principio né fine. Si sentivano innumerevoli bestemmie e maledizioni verso Iddio. Oh! Che pena! Oh! Che tormento apportava questo all’anima mia! Mentre stavo con questo dolore, parve a me che mi venisse un poco di lume interno sopra a cecità delle creature che per niente vengono a perdere un bene infinito e guadagnano un eterno penare. E mi venne tanta compassione verso dette anime, che, se io di propria mano avessi potuto serrare detta porta, acciò non vi fosse potuto entrare più nessuno, oh! quanto l’avrei fatto volentieri!
​Così, rivolta a Dio, gli dissi: “Mio Signore, io mi esibisco a stare qui per porta, acciò più nessuno entri quaggiù, e non perda Voi, che siete un bene infinito. Date lume, Signore, a tutti i miseri peccatori, acciò nessuno vi offenda”. In questo mentre, parevami di allargare le braccia e dire così: “Finché io starò in questa porta, non vi entrerà nessuno”” (ivi, 177-178).
​Altrettanto era l’amore espiante di Sr. Veronica per le anime purganti. Soffriva, per liberarle, ore e ore di Purgatorio, “in un continuo patire – scrive – che pensavo ad ogni momento avere a spirare: ora mi sentivo come quando mi fossero rotti tutti i membri […]; parevami che mi fossero raschiati con coltelli ben taglienti; e sentivo una pena di morte” (D V, 119). Altra volta “sentivo pormi in una fornace ardente e fra queste fiamme avevo tormenti atrocissimi: con parole non posso dire niente. Ora sentivo, nel tempo del medesimo fuoco, di venire posta in uno stagno gelato. Parevami sentire tutta tritare in minutissimi pezzi e tornare nell’esser proprio, e poi di nuovo fuoco, ghiaccio e tormenti: un consumamento che sempre consuma, ma non altro; che sempre fa sentire più pene, più dolori, più morte, ma non si muore mai […]. Oh Dio, non ho modo a descrivere un nulla di queste pene. La pena del danno è pena che passa tutte le pene; e questa, un momento di tempo, a quelle povere anime è eternità di tempo. Nessuno può mai penetrare l’ atrocità delle pene che patono le anime del purgatorio, mente umana non può arrivare a penetrarle. Le medesime anime se ritornassero in vita non le potranno dire; et io quando l’ho questa partecipazione, per così breve tempo di tre ore, di cinque ore o di un’ora, son ore eterne e con tali martirî che raccontare non posso. So che dopo resto così abbattuta, che l’umanità par che sia più morta che viva” (ivi, 122-123).
​ Il 14 settembre 1713, Sr. Veronica scrive: “Il purgatorio è simile all’inferno, cavandone che nell’inferno non v’è più speranza di uscire, che nel purgatorio la pena del danno è la maggiore. Con tutto ciò queste pene a quelle povere anime gli pare che siano ogni momento eternità di tempo”.
​Del “fuoco”, invece, scrive: “Noi mortali non sappiamo che cosa sia il fuoco del purgatorio. Si chiama così per modo di dire: ma esso è tanto scottante, tanto penetrante, è tanto potente che, in un tratto, distrugge, annichila e consuma; ha un ardore così grande, che, in un baleno, distruggerebbe il mondo tutto. Con tutto che questo mondo fosse di metallo e di ferro, diverrebbe molle come cera a queste fiamme del fuoco della giustizia di Dio. Pensate che pene e che tormento sia a quelle povere anime! Sono nel fuoco, sono incorporate in esso, e nelle sue fiamme ardenti bruciano e si consumano senza pietà. La Divina Giustizia fa l’ufficio suo rettissimamente; niuno può fuggire; ivi si deve stare sino a che si è purgato ogni minimo neo. Tutto ciò che si è fato di offesa di Dio, si ha da purgare sotto il braccio di Dio; tutte le ingiurie e tutti i torti fatti a Dio, la Divina Giustizia li punisce con retto e giusto giudizio; e tutti dobbiamo passare sotto questo braccio potente, e sentirne in noi la potenza divina. Non dico altro; tanto non posso. Laus Deo” (D III, 947).

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