La vignetta insultante: presepe offeso, civiltà violata
Non è la prima volta. In fondo non ha niente da temere. Offende, insulta, irride. In nome della libertà di stampa e di espressione, crede che tutto gli sia permesso. Poi, male che vada, a difenderlo ci penseranno gli amici di sempre. Stiamo parlando di Vauro Senesi. Il disegnatore ha pubblicato, alla vigilia di Natale, su “il Fatto quotidiano” una vignetta con uno strano presepe.
La Sacra Famiglia, infatti, è composta da due uomini e il Bambino. Manca la figura femminile, Maria. Non occorre essere indovini per capire dove vuole andare a parare. La didascalia, infatti, recita: «Grecia. Legalizzate le unioni civili tra persone dello stesso sesso».
Si è liberi di credere o di non credere. Non si è però liberi di offendere coloro che su quel Bambino si stanno giocando la vita. Non è un bene irridere la fede degli altri. Gli uomini – quelli veri – hanno imparato che nessuno ha il diritto di offendere nessuno. I cristiani – quelli veri – si sforzano di non farlo nemmeno in risposta alle offese ricevute. Non conviene però approfittare di questa situazione.
Ma Vauro sa bene che a offendere i cattolici, a differenza di qualche altro, non si rischia niente. Sa, che i cristiani quando vedono derisi i fondamenti della loro fede, si rattristano e soffrono, ma non si vendicano. Sa che prendere di mira la Chiesa cattolica e i suoi rappresentanti tira sempre. Se poi ci sarà maretta, tanto meglio. Un bel polverone mediatico per ritornare a galla, dopo anni di ripetitività e declino, fa sempre comodo. In questo modo, però, non si va da nessuna parte. Semplicemente non serve a nulla di buono. Anzi, fa decisamente male.
Leggo su facebook commenti di persone rimaste amareggiate, arrabbiate, addolorate dalla vignetta. Le domande sono secche. Che diritto ha il signor Vauro Senesi di offendere – proprio nel giorno in cui i cattolici celebrano il Natale – la loro fede? Che diritto ha il quotidiano che lo ospita, di strumentalizzare la festa della Nascita di Gesù per propagandare il proprio favore per pratiche usate per dare “figli” a coppie dello stesso sesso, cancellando per principio o la madre o il padre di quegli stessi bambini? La risposta a entrambe le domande è la stessa: nessuno diritto, e un dovere di civiltà violato.
don Maurizio Patriciello
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