Perché i cristiani vengono perseguitati? La risposta è nell'Apocalisse...

C'è chi nega Dio perché, se esistesse, non permetterebbe tante atrocità. Chi invece le subisce, sperimenta il Suo aiuto e la Sua presenza

Riflettere sui martìrii subiti dai nostri fratelli aiuta tanti di noi a uscire dall’inganno di chi crede che per essere cristiani è sufficiente andare a Messa la domenica e fare l’elemosina a qualche barbone.
Tante sono le forme di martirio e non tutte richiedono un tributo di sangue, c’è anche un martirio “bianco” di chi viene deriso o insultato nella propria famiglia perché è credente e vive la propria esistenza ubbidendo agli insegnamenti della Chiesa.
Martire significa “testimone” e ogni cristiano è chiamato a testimoniare con la propria vita, prima che con la parola, che Cristo è il Signore e che, dopo la sua morte e resurrezione, vive oggi in ogni cristiano, cioè in ogni membro del suo corpo, che è la Chiesa.
Questa testimonianza è stata data dai fratelli e dalle sorelle dei quali abbiamo parlato, i quali sono stati uccisi senza avere alcuna colpa. È da sottolineare che nel mondo più dell’80% delle persecuzioni religiose riguardano i cristiani e bisogna chiedersi perché questo accada, dal momento che i cristiani vivono ovunque pacificamente a differenza di quanto avviene in altre realtà religiose, come le cronache recenti ampiamente dimostrano.




La risposta a questa domanda ci viene  data dalla Parola di Dio, infatti così è scritto nell’Apocalisse: “Quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò contro la donna che aveva partorito il figlio maschio. Ma furono date alla donna le due ali della grande aquila, per volare nel deserto verso il rifugio preparato per lei per esservi nutrita per un tempo, due tempi e la metà di un tempo lontano dal serpente. Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d'acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque. Ma la terra venne in soccorso alla donna, aprendo una voragine e inghiottendo il fiume che il drago aveva vomitato dalla propria bocca. Allora il drago si infuriò contro la donna e se ne andò a far guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù” (Ap12, 13-17).
Il diavolo (“il drago”) si era illuso di avere distrutto Gesù e la sua missione con la crocifissione e vistosi sconfitto fa guerra in tutto il mondo alla sua Chiesa (“la donna”) e ai suoi seguaci (“la sua discendenza”), e oggi approfitta del tempo a lui favorevole, perché l’Europa, che era stata la culla del Cristianesimo e il baluardo nei confronti dell’Islam, ha apostatato.
Oggi sono i cristiani umili e per lo più sconosciuti che portano pazientemente la loro croce a testimoniare che Cristo è risorto nelle loro vite e dà loro la forza di amare i nemici e di non rispondere al male con il male, subendo anche la morte pur di rimanere fedeli al loro Salvatore.
Di fronte alla sofferenza di questi innocenti sono possibili due atteggiamenti, magistralmente descritti dal grande teologo Joseph Ratzinger: l’atteggiamento di coloro che negano l’esistenza di Dio perché se esistesse non permetterebbe tante mostruosità e di chi, al contrario, subisce delle atrocità e nella prova sperimenta la presenza e l’aiuto di Dio.
Scrive Ratzinger: “È curioso […] che l’affermazione che non può esserci più alcun Dio, che Dio dunque è totalmente scomparso, si levi con più insistenza dagli spettatori dell’orrore, da quelli che assistono a tali mostruosità dalle comode poltrone del proprio benessere e credono di pagare il loro tributo e tenerle lontane da sé dicendo: ‘Se accadono cose così, allora Dio non c’è’’. Per coloro che invece in quelle atrocità sono immersi, l’effetto non di rado è opposto: proprio lì riconoscono Dio. Ancora oggi, in questo mondo, le preghiere si innalzano dalle fornaci degli arsi vivi, non dagli spettatori dell’orrore.  
[…] Dobbiamo imparare – ancora una volta, non solo a livello teorico, ma nel modo di pensare e di agire – che accanto alla presenza reale di Gesù nella Chiesa e nel sacramento, esiste quell’altra presenza reale di Gesù nei più piccoli, nei calpestati di questo mondo, negli ultimi, nei quali egli vuole essere trovato da noi. E, anno dopo anno, il Venerdì Santo ci esorta in modo decisivo ad accogliere questo nuovamente in noi

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