10 FEBBRAIO Le Foibe -Giorno del Ricordo


10 FEBBRAIO Le Foibe -Giorno del Ricordo
- per non Dimenticare-...imparerà mai l'uomo dai suoi errori....

Le «foibe», cioè le fosse, le numerose profonde cavità naturali carsiche di cui è disseminata la regione dell'estremo nord-est italiano. Con questo stesso termine intendiamo indicare una tragedia grande e ignorata nella quale piombarono le popolazioni italiane del confine orientale vittime del terrore comunista.

http://www.youtube.com/watch?v=h_n_afXJOkU&feature=player_embedded

La catena dell'intolleranza e delle persecuzioni
può essere spezzata solo con l'amore e il perdono,
come ci ha insegnato Gesù dalla Croce,
ma a condizione di
NON DIMENTICARE.
Perchè l'uomo fatica ad imparare dai propri errori,
e la storia, fatta di corsi e ricorsi,
troppe volte ci ripropone eventi ai quali non dovremmo più assistere:
come la pulizia etnica nella ex Jugoslavia
o il martirio dei cristiani nel mondo.
Per questo è importante il ricordo,
per evitare il ripetersi di queste atrocità.

PREGHIERA PER I MARTIRI DELLE FOIBE
O Dio, Signore della vita e della morte,
della luce e delle tenebre,
dalla profondità di questa terra e di questo nostro dolore noi gridiamo a Te.
Ascolta, o Signore, la nostra voce.
Noi siamo venuti qui per innalzare le nostre povere preghiere e deporre i nostri fiori,
ma anche per apprendere l’insegnamento che sale dal sacrificio di questi Morti.
E ci rivolgiamo a Te, perché Tu hai raccolto l’ultimo loro grido, l’ultimo loro respiro.
Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra,
costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace.
Ebbene, Signore, Principe della Pace, concedi a noi la Tua pace.
Dona conforto alle spose, alle madri, alle sorelle, ai figli
di coloro che si trovano in tutte le foibe di questa nostra triste terra,
e a tutti noi che siamo vivi e sentiamo pesare ogni giorno sul cuore
la pena per questi Morti, profonda come le voragini che li accolgono.
Tu sei il Vivente, o Signore, e in Te essi vivono.
Che se ancora la loro purificazione non è perfetta,
noi Ti offriamo, o Dio Santo e Giusto, la nostra preghiera,
la nostra angoscia, i nostri sacrifici,
perché giungano presto a gioire dello splendore del Tuo Volto.
E a noi dona rassegnazione e fortezza, saggezza e bontà.
Tu ci hai detto: “Beati i misericordiosi perché saranno chiamati figli di Dio,
beati coloro che piangono perché saranno consolati”,
ma anche beati quelli che hanno fame e sete di giustizia
perché saranno saziati in Te, o Signore,
perché è sempre apparente e transeunte il trionfo dell’iniquità.
+ Mons. Antonio Santin Vescovo di Trieste (1959)

Il “Giorno del Ricordo” è stato istituito dal Parlamento italiano
con la legge 30 marzo 2004, n. 92, e viene celebrato il 10 febbraio
con l’obiettivo di conservare e rinnovare la memoria
della tragedia degli Italiani e di tutte le vittime delle foibe
e dell'esodo dalle loro terre degli Istriani,
Fiumani e Dalmati nel secondo dopoguerra.
Alla fine della Seconda guerra mondiale, mentre tutta l'Italia,
veniva liberata dall'esercito Anglo-Americano,
a Trieste e nell'Istria (sino ad allora territorio italiano)
si viveva l'inizio di una tragedia:
350.000 italiani abitanti dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia
dovettero scappare ed abbandonare la loro terra, le case, il lavoro, gli amici e gli affetti incalzati dalle bande armate jugoslave,miliziani della dittatura comunista di Tito;
molti furono uccisi nelle Foibe o nei campi di concentramento.
Tra l’ottobre del 1943 e il maggio del 1945 almeno cinquemila persone (ma forse molte di più)tra istriani e triestini, militari, finanzieri, marinai, maestri elementari, impiegati comunali, minatori,italiani ma anche slavi, antifascisti e fascisti,
furono torturati e uccisi dai miliziani di Tito.
Catturati nei luoghi di lavoro e nelle abitazioni, vennero imprigionati e poi gettati, molti ancora vivi, dentro le "foibe":
voragini rocciose, a forma di imbuto rovesciato,
create dall’erosione dell’acqua sull'altipiano del Carso,
e profonde fino a 200 metri.

Una pagina triste della nostra storia
un silenzio doloso .

IL MARTIRIO DEI SACERDOTI CATTOLICI UCCISI DAI PARTIGIANI COMUNISTI
La storia delle foibe è legata al trattato di pace firmato a Parigi il 10 Febbraio 1947, che impose all’Italia la cessione alla Jugoslavia di Zara – in Dalmazia –, dell’Istria con Fiume e di gran parte della Venezia Giulia, con Trieste costituita territorio libero tornato poi all’Italia alla fine del 1954.

Dal 1947 al 1954 le truppe jugoslave di Tito, in collaborazione con i comunisti italiani, commisero un’opera di vera e propria pulizia etnica mettendo in atto gesti di inaudita ferocia.

Sono 350.000 gli Italiani che abbandonarono l’Istria, Fiume e la Dalmazia, e più di 20.000 le persone che, prima di essere gettate nelle foibe (cavità carsiche profonde fino a 200 metri), subirono ogni sorta di tortura. Intere famiglie italiane vennero massacrate, molti venivano legati con filo spinato a cadaveri e gettati nelle voragini vivi, decine e decine di sacerdoti furono torturati e uccisi. Nella sola foiba di Basovizza sono stati ritrovati quattrocento metri cubi di cadaveri.

Per decenni questa barbarie è stata nascosta, tanto che l’agenzia di stampa “Astro 9 colonne”, nel fare un conteggio dei lanci di agenzia pubblicati dal dopoguerra ad oggi sul tema delle foibe, ha scoperto che fino al 1990 erano stati poco più di 30.

Negli anni Novanta l’attenzione per il tema è aumentata: oltre 100 fino al 1995, l’anno successivo i lanci sono stati ben 155. Negli anni recenti ogni anno ce ne sono stati addirittura più di 200.
Calcolare esattamente il numero delle vittime è difficile, ma sono stati almeno 50 i sacerdoti uccisi dalle truppe comuniste di Tito.

Interpellato da ZENIT, Piero Tarticchio, che all’epoca dei fatti aveva sette anni, ha ricordato la tanta gente che partecipò al funerale del suo parente don Angelo Tarticchio, parroco di Villa di Rovino e attivo nell’opera caritativa di assistenza ai poveri, ucciso il 19 settembre del 1943 e sepolto il 4 novembre.

Il sacerdote venne preso di notte dai partigiani jugoslavi, insultato e incarcerato nel castello dei Montecuccoli a Pisino d’Istria. Dopo averlo torturato, lo trascinarono presso Baksoti (Lindaro), dove assieme a 43 prigionieri legati con filo spinato venne ucciso con una raffica di mitragliatrice e gettato in una cava di bauxite.

Tarticchio ha raccontato che il 31 ottobre, quando venne riesumato il cadavere, si vide che in segno di scherno gli assassini avevano messo una corona di filo spinato in testa a don Angelo. Don Tarticchio viene oggi ricordato come il primo martire delle foibe.

Un’altra delle vittime fu don Francesco Bonifacio, un sacerdote istriano che per la sua bontà e generosità veniva chiamato in seminario “el santin”. Cappellano a Volla Gardossi, presso Buie, don Bonifacio era noto per la sua opera di carità e zelo evangelico. La persecuzione contro la fede delle truppe comuniste era tale che non poté sfuggire al martirio.

La sera dell’11 settembre 1946 venne preso da alcune “guardie popolari”, che lo portarono nel bosco. Da allora di Don Bonifacio non si è saputo più nulla; neanche i resti del suo cadavere sono mai stati trovati.

Il fratello, che lo cercò immediatamente, venne incarcerato con l’accusa di raccontare storie false. Per anni la vicenda è rimasta sconosciuta, finché un regista teatrale è riuscito a contattare una delle “guardie popolari” che avevano preso don Bonifacio.

Questi raccontò che il sacerdote era stato caricato su un’auto, picchiato, spogliato, colpito con un sasso sul viso e finito con due coltellate prima di essere gettato in una foiba. Per don Francesco Bonifacio il 26 maggio 1997 è stata introdotta la causa di beatificazione, per essere stato ucciso “in odium fidei”.

In “odium fidei” fu ucciso il 24 agosto del 1947 anche don Miroslav Buselic, parroco di Mompaderno e vicedirettore del seminario di Pisino.

A causa della guerra in molte parrocchie della sua zona non era stato possibile amministrare la cresima, così don Miroslav accompagnò monsignor Jacob Ukmar per amministrare le cresime in 24 chiese diverse. I comunisti, però, avevano proibito l’amministrazione.

Alla chiesa parrocchiale di Antignana i comunisti impedirono l’ingresso a monsignor Ukmae e don Miroslav. Nella chiesa parrocchiale di Pinguente una massa di facinorosi impedì la cresima per 250 ragazzi, lanciando uova marce e pomodori, tra insulti e bestemmie.

Il 24 agosto nella chiesa di Lanischie, che i comunisti chiamavano “il Vaticano” per la fedeltà alla chiesa dei parrocchiani, monsignor Ukmar e don Milo riuscirono a cresimare 237 ragazzi.

Alla fine della liturgia i due sacerdoti si chiusero in canonica insieme al parroco, ma i comunisti fecero irruzione, sgozzarono don Miroslav e picchiarono credendolo morto monsignor Ukmar, mentre don Stjepan Cek, il parroco, riuscì a nascondersi.

Alcuni testimoni hanno raccontato che prima di essere sgozzato don Miloslav avrebbe detto “Perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Al funerale i comunisti non permisero ai treni pieni di gente di fermarsi, nemmeno nelle stazioni vicine. Al processo i giudici accusarono monsignor Ukmar e il parroco di aver provocato gli incidenti, così il monsignore, dopo aver trascorso un mese in ospedale per le percosse ricevute, venne condannato ad un mese di prigione. Il parroco fu invece condannato a sei anni di lavori forzati.

Su don Milo, il tribunale del popolo sostenne che non era provato che “fosse stato veramente ucciso”. Poteva essersi “suicidato a scopo intimidatorio”. Le prove erano però così evidenti che l’assassino venne condannato a cinque mesi di prigione per “troppo zelo nella contestazione”.

Nel 1956, in pieno regime comunista la diocesi avviò segretamente il processo di beatificazione di don Miloslav Buselic, ed è diffusa ancora oggi la fama di santità di don Miro tra i cattolici d’Istria.
(12 Febbraio 2006) © Innovative Media Inc.

Il martirio dei preti italiani negli anni 1944-1947
tratto da: Agenzia Zenit, 22 gennaio 2006.

Come in Spagna, emerge il martirio dei preti italiani negli anni 1944-1947. Si parla di un totale accertato di 129 sacerdoti

Roma - Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando sembrava che le violenze e le barbarie fossero finite insieme al regime nazista, si scatenò la violenza delle bande armate comuniste che fecero migliaia di morti. Tra questi più di 129 sacerdoti e migliaia di cattolici. Per ricordare quelle vittime e cercare di capire come e perché furono uccise tante persone, Marco Pirina insieme ad alcuni amici ha fondato il Centro Studi Storici "Silentes Loquimir" (Silenziosamente parliamo) e dopo aver recuperato nel 1992 i resti di 68 persone gettati in una Foiba, ha condotto una serrata ricerca di documenti, testimonianze, rapporti delle forze dell'ordine, ritagli di giornali dell'epoca per "ridare dignità alla memoria di infoibati e scomparsi". Dalle ricerche del Centro Studi Storici "Silentes Loquimir" sono nati due volumi di circa 500 pagine ciascuno, con il titolo "1945-1947 Guerra Civile" e "1945-1947, la Rivoluzione Rossa". Per questo lavoro di ricerca nel 2003 con legge regionale 2/2003 "Silentes Loquimir" è stato riconosciuto come Istituto di Ricerche Storiche di notevole interesse regionale. Dato il notevole interesse suscitato dalla storia di quel periodo, "Zenit" ha voluto intervistare Marco Pirina.

Nel corso delle sue ricerche lei ha documentato la strage perpetrata nei confronti di quanti si opponevano o potevano essere di ostacolo alla diffusione dell'ideologia comunista nel periodo fra il 1944 e il 1947. Può fornirci alcuni dati, quante furono le vittime, quanti gli "scomparsi"?
Pirina: Partiamo da un dato scientifico, che sono le denunce presentate alle autorità giudiziarie, carabinieri, ecc nel territorio italiano. Escludendo le zone dell'Istria e della Dalmazia, che non erano più sotto il controllo dell'autorità italiana, e dove comunque fu compiuta una strage da parte delle truppe di Tito, abbiamo un totale degli scomparsi che è di 50.380, di cui oltre 12.000 gli scomparsi senza un fiore, cioè delle persone di cui non si è mai trovato il corpo. Di queste vittime solo una piccola parte era coinvolta con il passato regime fascista.

Quanti di questi erano sacerdoti o seminaristi e quanti esponenti e militanti di associazioni cattoliche?
Pirina: I dati certi documentano la responsabilità provata di militanti comunisti nell'assassinio di 110 sacerdoti. Analizzando gli scomparsi provincia per provincia siamo arrivati a contare un totale di 129 sacerdoti uccisi. Di 19 non si conoscono gli assassini, anche se sembra un dato certo che a guerra finita, con i nazifascisti sconfitti, soprattutto i partigiani socialcomunisti nutrivano un odio sistematico contro la religione cattolica ed erano anche in grado di organizzare ed eseguire omicidi. Per quanto riguarda i dirigenti cattolici, basti dire che solo a Bologna sono scomparsi circa 160 coltivatori cattolici, che non volevano far parte delle cooperative rosse e non erano d'accordo a essere sottomessi alle organizzazioni comuniste. I militanti comunisti non hanno avuto pietà neanche dei partigiani cattolici che combattevano i nazifascisti. Tra l'8 e il 12 febbraio 1945 a Porzûs in Friuli un gruppo di partigiani cattolici appartenenti alla brigata Osoppo venne massacrata da una brigata comunista guidata da Mario Toffanin. Tra le vittime Ermes, nome di battaglia di Guido, fratello dello scrittore Pierpaolo Pasolini. I comunisti uccisero i partigiani cristiani perché si opponevano alla politica di alleanza con le truppe di Tito che voleva l'annessione di territori italiani alla Slovenia.
Per la causa di beatificazione e canonizzazione del seminarista Rolando Rivi, la Chiesa cattolica parla di martirio cioè di un crimine commesso in odio alla fede. Quante e quali altre storie di martirio lei conosce?
Pirina: Le storie di martirio sono molte e diverse, ne ricordo alcune. Don Francesco Bonifacio, un sacerdote docile e pio, dedicato a opere di carità e zelo, l'11 agosto del 1946 venne prelevato a casa dalle cosiddette guardie popolari, venne ucciso e gettato in una foiba. Di lui non si saprà più nulla. Nel 1998, dopo che è stata pubblicata una sua biografia è stata introdotta la causa di beatificazione. Don Giovanni Dorbolò infoibato il primo maggio 1945; don Nicola Fantela affogato a Ragusa con la pietra al collo il 25 ottobre 1944; don Ugo Bardotti, ucciso a Cevoli (Pi) il 4 febbraio 1951, sulla cui lapide è scritto: Ucciso in odio alla fede. L'aspetto più agghiacciante di queste storie è l'odio esercitato contro la fede cattolica e contro i sacerdoti che ne erano espressione. Gli assassini non si sono accontentati di ucciderli. Si tratta di sacerdoti che non avevano fatto male a nessuno, anzi erano esempi di carità e aiuto per tutti. Don Giuseppe Lendini fu ucciso a Crocetta di Pavullo in provincia di Modena, il 21 luglio 1945. I suoi assassini lo hanno picchiato e torturato per costringerlo a bestemmiare. Quando venne ritrovato il corpo, varie ossa erano state spezzate, crivellato di proiettili con il cranio fracassato e privo degli occhi. Don Giuseppe Tarozzi, di Riolo di Castefranco, è stato tagliato a pezzi e messo in un forno. Don Carlo Terenziani è stato cosparso di vino prima di finirlo con colpi di mitraglia. Don Giuseppe Jemmi fu picchiato a sangue insultato e sbeffeggiato dai partigiani comunisti prima di essere falciato da una raffica di mitra. Sul suo cappello fu appiccicata una stella rossa. Nel 2004 l'Osservatore Romano ha chiesto che si iniziasse il processo di beatificazione per don Jemmi.

Storie molto simili ai martiri di Spagna?
Pirina: Molti dei commissari politici delle formazioni partigiane e garibaldine avevano combattuto in Spagna negli anni 1935-1936, quando si sparava sui crocifissi, sulle chiese, sulle statue e le immagini di Maria, quando vennero trucidati suore, sacerdoti, attivisti di associazioni cattoliche. Così si é ripetuto in Italia parte di quello che avevano già fatto in Spagna. Al funerale di don Ugo Bardotti, il Vescovo di San Miniato non esitò ad accomunare l'assassinio del sacerdote della sua diocesi, al "clero martire della guerra di Spagna e alla Chiesa perseguitata nel blocco sovietico dell'Est Europa".

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