INFERNO, INFERNO...

LA' DENTRO GENTE VIVA CHE BRUCIA COME LEGNA SUL FUOCO
Nel mese di luglio ricorre l'anniversa­rio della terza apparizione della Ver­gine: importantissima, perché venne allora rivelato il famoso Segreto, la cui terza parte ha suscitato per decenni la curio­sità di tutto il mondo. Ancora oggi, a dieci anni dalla sua divulgazione - avvenuta nel 2000, in occasione del terzo viaggio a Fatima di Giovan­ni Paolo II, per la beatificazione di Francesco e Giacinta Marto - esso continua a far parlare di sé. Fu un'apparizione carica di drammaticità per il suo riferimento all'inferno, descritto da Lucia in termini che, pur corrispondendo solo in minima parte alla sua terribile e per noi inim­maginabile realtà, ci aiutano a prendere mag­giore coscienza del dolore e della disperazione che in esso vi regnano. Siamo così stimolati a vivere più seriamente la vita cristiana: prima di tutto per evitare di caderci noi stessi e poi per­ché non vi precipiti nessuno dei nostri fratelli. La Vergine parlò anche della guerra come di una conseguenza del peccato. Esso produce in­ fatti nel mondo un carico di sofferenza, distru­zione e disperazione che possono ridurre la ter­ra ad un'anticamera dell'inferno. Davanti a tale rovina, l'uomo, tornando in se stesso, dovrebbe decidersi a cambiare vita, prima che sia troppo tardi: la morte fisica, infatti, segna l'entrata del­l'anima nell'eternità, "fissandola" per sempre nella sua condizione, di unione o di separazione con Dio.

"Che compassione ho per i peccatori!" - La visione dell'inferno suscitò in Giacinta una forte impressione, al punto che: «tutte le penitenze e mortificazioni le sembravano nien­te, per riuscire a liberare di lì alcune anime» (dalla "Terza Memoria"). Lucia si chiede: «Co­m'è che Giacinta, così piccolina, si lasciò com­penetrare e capì un tale spirito di mortificazio­ne e penitenza»? E risponde: «Mi sembra che fu: primo, per una grazia speciale che Dio, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria, le volle concedere; secondo, guardando l'inferno e vedendo la disgrazia delle anime che vi cadono. Certe persone, anche pie, non vo­gliono parlar dell'inferno ai bambini per non spaven­tarli; ma Dio non esitò a mostrarlo a tre, uno dei quali di 7 anni appena, e che Lui sapeva che ne avrebbe avuto tanto orrore da, quasi oserei dire, debili­tarsi per lo spavento. Spes­so si sedeva per terra o su qualche sasso e pensierosa esclamava: - L'inferno! L'inferno! Quanta compas­sione ho delle anime che vanno all'inferno! E la gen­te là dentro, viva, che bru­cia come legna sul fuoco!

E, tutta tremante si inginocchiava a mani giun­te, per recitare la preghiera che la Madonna ci aveva insegnato: - O Gesù mio! Perdonate le nostre colpe, liberateci dal fuoco dell'inferno, portate in Cielo tutte le anime, specialmente quelle che più ne hanno bisogno».

La ragione illuminata dalla Fede - Oggi viviamo in un'epoca condizionata dalle emozioni: spesso è in base ad esse che si decide cosa è bene o cosa è male, senza confrontarci con la verità e senza giudicare rettamente ri­guardo al bene da fare e al male da evitare. Questo compito spetta anzitutto alla ragione umana, alla quale anche le emozioni si devono sottomettere, per aiutare la persona a scegliere il suo vero bene. La ragione, poi, riceve dalla fede una luce soprannaturale che le permette di ri­flettere correttamente su Dio e sulla sua relazio­ne con l'uomo. Se succede il contrario - se cioè le emozioni prevalgono sulla ragione - il risulta­to sarà facilmente l'errore e il caos.

La realtà, per essere ordinata, deve necessa­riamente incontrarsi con la verità, altrimenti si genera squilibrio, disagio e confusione, sia in ri­ferimento alle realtà materiali, che a quelle spi­rituali. Se un autista di pullman, dovendo porta­re dei passeggeri da Milano a Roma, non ascol­tando nessuno, prendesse la direzione verso nord, non arriverebbe mai; o se, peggio ancora, perdendo il lume della ragione, guidasse il pull­man fuori strada, o invadesse la corsia contra­ria, terminerebbe la sua corsa con un disastroso incidente, con negative ripercussioni sulla sua vita, ma anche su quella dei passeggeri e, indi­rettamente, su quella di molte altre persone.

È difficile immaginare il disordine e il male che può causare, ai singoli e alla società, la ne­gazione di una verità evidente, insita nella natu­ra umana: come, ad esempio, che il matrimonio sia possibile solo tra un uomo e una donna, con l'equiparazione ad esso, in termini di diritti ci­vili, di un unione tra persone dello stesso sesso.

Una salutare inquietudine - Nel campo della fede, l'inferno è il risultato di una realtà definitivamente separata dalla Ve­rità, che è Dio stesso. «Tra noi e voi è stabilito un grande abisso» (Lc 16,26). Così Lucia de­scrive l'orrore di ciò che la Madonna aveva mostrato loro: «Immersi in quel fuoco, i demo­ni e le anime, come se fossero brace traspa­renti e nere, o bronzee, in forma umana, che fluttuavano nell'incendio, trasportate dalle fiamme che uscivano da loro stesse, insieme a nuvole di fumo che cadevano da ogni parte, uguali al cadere delle scintille nei grandi in­cendi, senza peso né equilibrio, tra grida e ge­miti di dolore e disperazione che suscitavano orrore e facevano tremar di paura. Dev'esser stato dinanzi a questa visione che lasciai scap­pare quell'«ahi», che dicono di avermi sentito dire. I demoni si distinguevano per le forme orribili e schifose di animali spaventosi e sco­nosciuti, ma trasparenti come neri carboni ro­venti.»

Spesso si ha paura di parlare di questa realtà ai bambini, per timore di spaventarli. Anche qui, dunque, prevale l'emozione. Per evitare un'emozione sgradevole si tace una realtà senza dubbio orribile, ma nella quale è più facile ca­dere se la si ignora o la si sottovaluta. È un po' come se, vedendo qualcuno che cammina lungo un precipizio, non lo si avvisasse per paura di spaventarlo, proprio col rischio che vi caschi davvero!

Oggi vige il principio che non si deve in­quietare nessuno, non si devono smuovere le coscienze, come se ciò costituisse una violazio­ne della libertà. Invece, proprio il conoscere e il raffrontarsi senza paura con la verità, anche quando essa è scomoda al nostro egoismo o al quieto vivere, è quello che ci permette di fare scelte veramente libere e quindi pienamente umane.

"Vorrei tutti in Cielo con me" - La visione dell'inferno spaventò molto Gia­cinta ma non le procurò nessun trauma psicologi­co. Al contrario, la sua volontà per il bene, soste­nuta dalla grazia di Dio, uscì notevolmente rin­forzata da quest'esperienza, perché aveva capito l'importanza della posta in palio. Per salvare an­che una sola anima da una realtà così orribile ed eterna, valeva la pena fare ogni tipo di sacrificio. Quindi, animata dall'amore per Dio e dal deside­rio di salvare le anime, si diresse sempre più spe­ditamente in direzione del Cielo. Nel Paradiso si realizza la piena coincidenza tra realtà e verità: Dio è tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15,28); regno di misericordia, di giustizia, di pace e di ogni altra perfezione divina, magnificamente armonizzate tra di loro, tanto da costituire la fonte di una gioia indicibile ed eterna per tutti coloro che vi entra­no. Più un'anima conosce, ama e segue Dio, me­no ha paura di finire all'inferno. Ci dovremmo preoccupare quando in noi manca questa sensibi­lità, soprattutto se pensiamo a ciò che la Madon­na disse nell'apparizione di agosto, ai Valinhos: «Pregate, pregate molto; e fate sacrifici per i peccatori, perché molte anime vanno all'inferno, perché non c'è chi si sacrifichi e interceda per loro». I pastorelli, che nelle apparizioni di mag­gio e giugno avevano ricevuto la grazia di sentir­si immersi nel mistero di Dio, già conoscevano per esperienza qualcosa dell'infinita gioia del Paradiso.

Lucia, a proposito del 13 ottobre, racconta: «Si era sparsa la diceria che le autorità avevano deciso di far esplodere una bomba vicino a noi, al momento dell'apparizione. Ciò non mi fece nessuna paura; e parlando con i miei cugini di­cemmo: - Ma che bello, se ci fosse concessa la grazia di salire di là, con la Madonna, al Cie­lo»! Sì, la Madonna promise che li avrebbe por­tati in Paradiso; però, questo pensiero non li dis­tolse dal preoccuparsi e prodigarsi per la salvez­za delle anime, che rimaneva il loro pensiero prevalente, nonostante la certezza della propria salvezza personale. A questo proposito, Lucia racconta di Giacinta: «Altre volte, dopo esser stata un po' di tempo a pensare, diceva: - Quan­ta gente che cade nell'inferno! Tanta gente nel­l'inferno! Per calmarla, le dicevo: - Non aver paura! Tu andrai in Cielo. - Io sì, ci vado - dice­va calma - ma vorrei che anche tutta quella gente ci andasse»!

Amore di Dio e libertà dell'uomo - Oggi, in modo particolare, molti sono restii a credere e a parlare dell'inferno; pensano: «come è possibile che Dio, essendo buono, condanni qualcuno a una pena così orribile ed eterna?» In realtà, l'inferno è l'autocondanna di coloro che, percorrendo ostinatamente e senza pentimento la via del peccato, rendono definitivo il rifiuto della salvezza che Gesù ha realizzato per loro e continuamente offre loro. L'amore divino, infat­ti, con tutta la sua bellezza e bontà, fa di tutto affinché il cuore dell'uomo si volga a Lui, ma senza mai violare la nostra libertà, perché un amore "obbligante" non sarebbe autentico.

«Alle volte, Giacinta domandava:­ Che peccati fa quella gente, per anda­re all'inferno? - Non so! Forse il pec­cato di non andar a messa la domeni­ca, di rubare, di dire brutte parole, di imprecare e di bestemmiare. - E così, soltanto per una parola, vanno all'in­ferno? - Chiaro! È peccato!... - Cosa costerebbe loro stare zitti e andare a Messa? Quanta compassione sento per i peccatori!

A Giacinta, pur essendo stata pro­fondamente scossa dalla visione del­l'inferno, mai venne in mente di met­tere in discussione la misericordia di Dio. Si rammaricava invece della mancanza di quel minimo di buona volontà e umiltà, che permetterebbe agli uomini di evitare l'inferno e aprirsi a ben altri orizzonti.

Chiediamo al Cuore Immacolato di Maria la grazia di "sentire", come Giacinta, odio al pec­cato - considerato come qualcosa di terribilmen­te ingiusto verso Dio - ma anche misericordia verso i poveretti che se ne rendono schiavi. Se veramente amiamo il Signore e vogliamo impe­gnarci per riparare le mancanze d'amore dei peccatori più induriti, cerchiamo di compiere il nostro dovere con maggiore generosità e con vero spirito di sacrificio, affinché il loro cuore si apra all'eterna salvezza. di P Cesare Cuomo icms

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